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La casa della vita

Milano, Adelphi, 1979
cm 25x17, pp. 449-(5), 27 illustrazioni, alcune doppie, fuori testo (di cui 15 a colori), tela, sovracoperta illustrata e in plastica trasparente
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€ 50
INDICE

via giulia    7
l'ingresso    17


La casa di ghiaccio    22
La biblioteca d'un condottiero    37
Avventure di sette ore    51

la camera da pranzo    69


Mademoiselle Gérard    73
Porcellane di Napoli    85
Le belle navi e le belle case    89
Laura    96

camera da letto su piazza ricci    101


Uno specchio e una palla di vetro blu, 110
L'ubriaco sotto la finestra, 117
Due paia d'occhi azzurri, 121

saletta di passaggio    147


Un cimelio di Byron    157
L'altare    164
Ritratti di cera    173
Come per negromanzia    178

camera di lucia    189


Letizia    197
Un pittore d'oggi    203
Case di bambole    229
Jules-Émile Saintin    240

il salone    295


Un ritratto di Giuseppina Grassini    304
Pitture d'interni    317
Il poeta Keats e lo stile Regency    327
Un ritratto di Ugo Foscolo    367

il boudoir    373


Gita a Sperlonga     378
Fiori sotto campana    384

pavana per una via defunta    405
palazzo primoli    413
venti anni dopo    419

Indice delle persone e delle materie   
433
La casa di Mario Praz è una delle rarissime meraviglie che siano apparse nella Roma moderna. E questo libro è la storia di come quella casa, con tutti i suoi memorabili oggetti, sia concresciuta alla vita del suo abitatore, intrecciandovisi in modo inestricabile; sì che soltanto attraverso i suoi oggetti questo grande critico, che ha sempre amato la luce riflessa degli specchi e perciò ha saputo percepire con magistrale acutezza il rifrangersi dei gusti e degli echi nella letteratura e nell’arte, è riuscito a raccontare la sua vita.

Il luogo è Palazzo Ricci, nella gloriosa Via Giulia. Quando Praz vi venne ad abitare, nel 1934, la strada si apriva «come un corridoio fra quelle stanze che erano i cortili dei suoi palazzi» — o anche «come un crepaccio» dove «la nebbia del passato si sia indugiata stagnando». Da quelle sacche di nebbia il giovane professore cominciò a evocare, con amorosa lentezza, fra le nude e severe pareti rinascimentali, la sua «casa della vita» : e via via le stanze si riempivano di oggetti che Praz scopriva di amare, per una sorta di predestinazione del gusto in cui si manifestava una valutazione critica in anticipo sui tempi, che forse solo oggi siamo in grado di apprezzare nella sua composita coerenza. Innanzitutto i mobili Impero, allora quasi spregiati, che avrebbero dato alla casa il suo timbro inconfondibile. E poi innumerevoli oggetti, spesso trascurati dalle pompose storie dell’arte: cere, ventagli, quadri d’interni, conversation pieces. Col passare degli anni, si veniva così formando una sorta di «museo vivo» che è oggi unico al mondo non solo per la qualità dei «pezzi», ma perché costituisce un luogo dove permane inalterata l’invisibile patina del feticcio. Praz ce lo racconta in queste pagine facendoci passare di stanza in stanza, e il suo tono è quello di un’amabile guida, prodigiosamente erudita, che sia anche però un saggista e memorialista della specie più felice: quella di Lamb, di De Quincey, di Pater. Come certi esseri descritti dal suo amato Lamb, anche Praz è una di quelle persone «che posseggono facoltà piuttosto suggestive che comprensive, che si contentano di frammenti e di ritagli di Verità». Le Verità di Praz sono innanzitutto negli oggetti — e da essi stingono sulle persone.
Invertendo così il cammino usuale, Praz è riuscito a darci in queste pagine alcuni memorabili ritratti (per esempio in certe figure femminili), infine ha dipinto egli stesso alcune deliziose, e spesso ironiche, conversation pieces, dove riconosciamo illustri scrittori e personaggi della cultura europea del Novecento. E tutto questo proprio perché ha evitato la via della memoria lineare e diretta, ma ha voluto che i volti delle figure (e anche il suo) affiorassero dalle «acque intorbidate» di un «antico specchio», nel corso di una visita ai disparati tesori della «casa della vita». Così, alla fine, il lettore si aggirerà davvero in queste stanze come in una foresta incantata, che un potente artificio tiene divisa dalla vita immediata, ma appunto per catturare la vita segreta delle immagini riflesse, secondo le intenzioni del sapiente mago che la abita, come Praz stesso ci ha accennato in poche, splendide parole: «M’incantano gli specchi e le immagini riflesse negli specchi che son già allontanate un po’ dalla vita, già rese quadro, grazie a quella gelida ecloga di cristallo che le separa come la parete trasparente d’un acquario separa dalla vita ordinaria quel mondo di silenziose creature dalle magnifiche assise che si muovono come apparizioni tra rocce, muschi, madrepore e minute costellazioni di bollicine d’aria».

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